In risposta a un’istanza di interpello, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che è ammessa una rendicontazione retroattiva fino a 5 anni per il Credito d’Imposta Ricerca, Sviluppo, Innovazione e Design.
Vediamo insieme, nello specifico, l’istanza di interpello:
Istanza di interpello in riferimento al Credito d’Imposta Ricerca e Sviluppo
Il chiarimento sulla rendicontazione retroattiva per il Credito d’Imposta Ricerca e Sviluppo parte da un’istanza di intrpello pubblicata il 24 dicembre 2020. Il richiedente dell’istanza di interpello riferisce di aver effettuato «nell’anno 2015 investimenti in attività di ricerca e sviluppo, agevolabili ai sensi dell’art.3 del D.L. 145/2013 e del D.M. 27/05/2015» e che, tuttavia, «non ha fruito alla data odierna del credito potenzialmente spettante per l’annualità in oggetto, non ha imputato il corrispondente componente positivo non tassabile nel bilancio d’esercizio dell’anno di competenza, non ha indicato l’ammontare del credito fruibile nel Modello Unico SC 2016 per i redditi del 2015 e non lo ha riportato nei Modelli Unici SC presentati per le annualità successive, l’ultimo dei quali quello per l’annualità fiscale 2019».
Per questa ragione, chiede di poter beneficiare del Credito d’Imposta Ricerca e Sviluppo, maturato nel 2015, e non ancora fruito.
La risposta per la rendicontazione retroattiva del Credito d’imposta arriva dall’Agenzia delle Entrate, vediamola nel dettaglio.
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Risposta ad interpello n. 620 dell’Agenzia delle Entrate del 24 dicembre 2020
L’Agenzia delle Entrate risponde all’interpello (risposta n. 620 del 24/12/2020), ma prima sottolinea di non avere competenze in merito alla valutazione dell’effettiva esistenza del credito e del diritto del richiedente a beneficiare dell’agevolazione, dal momento che non gli concerne il controllo finanziario.
Per quanto riguarda, invece, i chiarimenti interpretativi richiesti, l’Agenzia delle Entrate fornisce le seguenti indicazioni:
- l’articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prevede l’attribuzione di un credito d’imposta a favore di tutte le imprese – indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato – che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019;
- con la Legge di Bilancio 2017, la durata dell’agevolazione è stata estesa fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 e poi, nuovamente, anticipata al 31 dicembre 2019 dalla Legge di Bilancio del 2020;
- con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 27 maggio 2015, in accordo con il MiSE, sono state adottate le disposizioni applicative necessarie al funzionamento del credito d’imposta in argomento. In particolare, l’articolo 6 del decreto attuativo, stabilisce che il credito «deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale sono stati sostenuti i costi di cui all’art. 4» e che «è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi di cui all’art. 4 sono stati sostenuti».
In base a queste premesse, con la circolare n. 13/E del 27 aprile 2017, al paragrafo 4.9.1, è stato chiarito che «Per quanto concerne gli obblighi dichiarativi si osserva che né l’articolo 3 né il decreto attuativo prevedono l’indicazione in dichiarazione a pena di decadenza dal diritto all’agevolazione. […]. Ancorché l’inosservanza dell’adempimento non pregiudichi il diritto alla spettanza dell’agevolazione e la relativa fruizione, al fine di non vanificare la previsione normativa circa l’obbligo di indicazione in dichiarazione del credito di imposta, si precisa che la mancata esposizione nel quadro RU dei relativi dati va sanata mediante la presentazione da parte dell’impresa beneficiaria di una dichiarazione integrativa».
Si chiarisce, dunque, che la mancata indicazione del credito d’imposta nel quadro RU (Richiesta Unica) dei modelli di dichiarazione costituisce una violazione puramente formale, a cui si può porre rimedio con una semplice sanzione, prevista per le “violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni”. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate sottolinea che, nonostante l’emergenza epidemiologica del 2020, il legislatore non ha spostato il termine di scadenza per la presentazione di una dichiarazione integrativa a favore per il periodo d’imposta 2015, che resta fissato al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della stessa.
Nella proroga disposta dall’articolo 157, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, si legge che «gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti d’imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza, […], scadono tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, salvi casi di indifferibilità e urgenza, […]». L’Agenzia delle Entrate evidenzia come non venga fatto alcun riferimento ai termini di presentazione di una dichiarazione integrativa a favore. Inoltre, nel corso del Videoforumorganizzato da Italia Oggi in data 14 gennaio 2021 si fa riferimento alla sola ipotesi di una violazione già constatata dall’amministrazione e che il contribuente può sanare, mediante presentazione della dichiarazione integrativa a sfavore e il pagamento della sanzione in misura ridotta, nel più ampio termine concesso all’amministrazione per contestare la medesima violazione.
Come si legge nell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 e nel decreto attuativo, non è prevista l’indicazione del credito d’imposta nella dichiarazione annuale, dunque non vi è il rischio che decada il diritto a beneficiare dell’agevolazione. Infatti, l’adempimento non stabilisce né il momento in cui sorge il diritto al credito d’imposta né quello a partire dal quale è possibile la sua fruizione. Proprio per questa ragione, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che, la mancata indicazione nel quadro RU del modello dichiarativo relativo al periodo d’imposta nel corso del quale lo stesso è maturato e in quelli successivi (fino all’anno nel corso del quale se ne conclude l’utilizzo), non sia di ostacolo al beneficio dell’agevolazione.
Come fare quindi per ottenera la possibilità di una rendicontazione retroattiva per la fruizione del Credito d’imposta maturato per attività di Ricerca e Sviluppo?
Viene, tuttavia, chiarito che, per non vanificare la norma che dispone l’obbligo di indicazione del credito d’imposta nella dichiarazione annuale, il richiedente dovrà:
- presentare una dichiarazione integrativa per ciascun periodo d’imposta ancora integrabile, indicando nel quadro RU l’importo del credito spettante;
- versare, per ciascuna annualità, la sanzione di cui all’articolo 8 del d.lgs. n. 471 del 1997 tramite ravvedimento;
- predisporre l’apposita documentazione contabile certificata da un revisore o di una società di revisione legale dei conti iscritti nel registro dei revisori legali.
Come ultimo chiarimento, l’Agenzia delle Entrate spiega che, nell’eventualità in cui, a seguito dell’attività di controllo «sia accertato che le attività/spese sostenute non siano ammissibili al credito d’imposta ricerca e sviluppo, si configura un’ipotesi di utilizzo di un credito “inesistente” per carenza totale o parziale del presupposto costitutivo e il relativo atto di recupero dovrà essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione, non rilevando ai fini della violazione sopra richiamata la mera esposizione del credito in dichiarazione annuale».
Leggi anche: Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo: come si calcola
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