Nel report 2021 della Commissione Europea dedicato all’indice annuale sull’innovazione, l’Italia compare ancora una volta, tra gli innovatori moderati. Si registrano lievi progressi, soprattutto sul fronte dello sviluppo della banda larga, e – con 108 punti – si avvicina alla media europea pari a 113 ma c’è ancora tanto lavoro da fare. A frenare la Penisola sono soprattutto gli investimenti deboli nel capitale umano e a sostegno della ricerca e sviluppo nel settore pubblico. I leader dell’innovazione si confermano traino per l’Unione Europea, a guidare la classifica è la Svezia, seguita da Finlandia, Danimarca e Belgio (tutti con prestazioni oltre il punteggio di 140). Nel secondo gruppo ci sono gli “innovatori forti” (tra 120 e 140 punti), tra cui Germania e Francia.
Le PMI trainano gli investimenti italiani in Ricerca e Sviluppo
In questo scenario le imprese svolgono un ruolo determinante, come emerge dall’analisi dei dati ISTAT relativi alla spesa per ricerca e sviluppo in Italia nel 2018: a quota 25,2 miliardi di euro, con un peso relativo al comparto delle imprese private superiori al 63% degli investimenti. Le piccole e medie imprese italiane fanno la parte del leone sul territorio nazionale, guardando al tema degli investimenti in ricerca e sviluppo. Nel 2021 l’Istat ha pubblicato il report relativo alla “Spesa in ricerca e sviluppo”: nel 2018, come anticipato, “la spesa in R&S interna dell’insieme dei settori esecutori (imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni private non profit e università) ammonta a 25,2 miliardi di euro, con un’incidenza percentuale sul Pil pari all’1,43 per cento. La spesa delle imprese costituisce la principale componente della spesa complessiva a livello sia nazionale sia europeo (63,1 per cento della spesa totale nel 2018) ed è in aumento rispetto al 2008 (56,6 per cento). In termini di incidenza sul Pil, la spesa in R&S delle imprese è pari allo 0,90 per cento, anch’essa in aumento rispetto al 2008 (0,62 per cento)”.
Anche dall’analisi dell’Istat emerge, però, una distanza importante con i livelli medi europei. Infatti, nella classifica Ue generale, l’Italia raggiunge una posizione intermedia al 13° posto. Prima si posizionano gli investitori privati storicamente più importanti, come quelli dei paesi dell’Europa settentrionale, ma anche realtà nuove, come Slovenia, Repubblica Ceca e Ungheria.
Entrando nel dettaglio delle fonti di finanziamento, emerge con chiarezza che sono proprio le imprese a offrire il contributo più rilevante per la spesa in R&S: 13,7 miliardi, pari al 54,5% dei finanziamenti complessivi. Un dato che registra anche una sensibile crescita rispetto al 2008: +8,6 punti percentuali. In particolare, l’Istat evidenzia come le imprese puntino prevalentemente alle fasi di ricerca applicata e sviluppo sperimentale e soltanto per una piccola quota (7,9%) alla ricerca di base. Nel confronto con il 2008 emerge un’importante caduta degli investimenti delle imprese nella ricerca (di base e applicata) a favore delle attività di sviluppo sperimentale finalizzate alla realizzazione di nuovi prodotti, servizi o processi.
Soffermandosi, invece, sull’analisi della struttura dimensionale delle imprese si rileva una decisa crescita della spesa in R&S delle piccole e medie imprese: rispetto al 2008 cresce sensibilmente la quota delle piccole imprese (con meno di 50 addetti), passata da 856 milioni a oltre 2,7 miliardi di euro.
Leggi anche: Il nostro framework per fare innovazione in Azienda
Digitalizzazione e tecnologie: come si muovono le imprese italiane
I continui investimenti in ricerca e sviluppo stanno a poco a poco trasformando il volto delle imprese italiane, sempre più digitali e consapevoli della necessità di adottare nuove soluzioni per accrescere la competitività. La digitalizzazione dei processi decisionali e operativi si conferma una priorità, a partire dal ruolo di primaria importanza svolto dall’uso strategico dei dati. Tra il 2016 e il 2018, secondo il censimento permanente dell’Istat, si assiste a una vera e propria trasformazione digitale delle imprese che porta il 77,5% delle stesse a investire o utilizzare tecnologie-chiave di digitalizzazione. Settori leader (che coinvolgono circa il 90% delle imprese che ne fanno parte) sono: telecomunicazioni, R&D, informatica, finanza, editoria e assicurazioni, industria farmaceutica. Le principali innovazioni riguardano l’adozione di soluzioni cloud (51,8%), connettività mediante fibra ottica (41,8%), connettività mediante 4G/5G (32,4%), sicurezza informatica (26%) e software per la gestione aziendale (22,1%). È ancora bassa, invece, la quota di imprese che usa piattaforme digitali per vendere beni o servizi: ferma al 9,7 per cento. La quota principale è rappresentata da realtà dell’intermediazione commerciale multisettore (39,7%), locazione immobiliare a breve termine e servizi turistici (27,9%), consegne pasti a domicilio e servizi alla ristorazione (12%).
Leggi anche: Innovation Manager: chi è e come può cambiare il futuro della tua azienda
Ricerca e Sviluppo, da dove iniziare?
Le imprese sono sempre più consapevoli del ruolo che gli investimenti in ricerca e sviluppo rivestono per la sopravvivenza. Ma ancora troppo spesso approcciano il tema con eccessivo timore. Il processo di trasformazione in chiave digitale, l’adozione di metodologie e strumenti tecnologici innovativi rappresentano pilastri anche per la crescita di realtà più piccole, non più un ‘nice to have’ ma un vero e proprio ‘must have’. Senza contare che un gran numero di aziende fa innovazione inconsapevolmente.
Da dove iniziare, quindi?
Da una consulenza esperta e finalizzata, capace di disegnare lo scenario di riferimento e allo stesso tempo, orientare le realtà imprenditoriali nella scelta di un nuovo modello di business.
I nostri consulenti, nel corso degli anni, hanno supportato moltissime imprese di piccole e medie dimensione, aiutandole ad affrontare il viaggio verso un modello 4.0.