Il 50% dei dipendenti pubblici che possono farlo rimarrà in smart working fino alla fine del 2020, e dal 1° gennaio 2021 la quota salirà al 60 per cento. I lavoratori coinvolti saranno quasi un milione. Conseguenza del Covid-19 che non interessa, però, solo la PA. Sono diverse le aziende, infatti, che hanno dichiarato di voler mantenere il lavoro agile come modalità primaria, dopo il lockdown.
Come cambiano i modi di lavorare in Italia
ANRA, Associazione Nazionale dei Risk Manager, e Aon, primo gruppo in Italia e nel mondo nella consulenza dei rischi e delle risorse umane, nell’intermediazione assicurativa e riassicurativa, hanno promosso la ricerca “Lo smart working in Italia, tra gestione dell’emergenza e scenari futuri”, che ha coinvolto dipendenti di aziende di tutte le dimensioni, grandi imprese (45%) e micro e piccole imprese (44%). I dati tracciano una nuova normalità, con un rilevante incremento del ricorso al lavoro agile. Prima della pandemia solo il 31% dei dipendenti poteva usufruire dello smart working, oggi i lavoratori che proseguono completamente l’attività da remoto rappresentano quasi l’80%.
Smart working: cosa è cambiato?
Le principali paure da parte delle imprese erano legate a possibili problematiche relative a pianificazione, gestione e controllo delle attività (44%), mancanza di una strumentazione idonea (29%) o timore di un calo della produttività (26%). Il riflesso di un modello aziendale basato sul controllo. Cosa hanno imparato lavoratori e imprese con il Covid-19? Che oltre il 70% delle attività può essere svolto da remoto, anche se rimane una certa difficoltà nella pianificazione e gestione delle attività (che scende dell’11% rispetto alla percezione pre-Covid). Ma non è stato tutto rose e fiori. Tra i problemi riscontrati, quelli relativi a cali di produttività scendono al 6° posto con il 12,35%. Al secondo posto il 31% segnala il rapporto con clienti e terze parti, probabilmente per la poca abitudine ai nuovi strumenti di comunicazione, che ha rappresentato un ostacolo al confronto, soprattutto per i professionisti più maturi. Quasi il 30% sottolinea come problematica principale l’impatto sullo stato d’animo e sull’engagement dei lavoratori.
Quali sono i vantaggi dello smart working?
Il bilanciamento tra vita privata e lavorativa guida la classifica dei vantaggi riscontrati dai lavoratori. Il 47% degli intervistati evidenzia la possibilità di gestire con più autonomia i propri orari di lavoro e il 43% un migliore equilibrio tra vita privata e professionale. Da ammettere, però che per il 48% pesa la mancanza di separazione tra ambiente lavorativo e domestico e per il 58% è stato difficile limitare le ore dedicate al lavoro. In ogni modo, per il 48% del campione è certo che lo smart working sarà uno dei pilastri del new normal.
Smart working e imprese.
Ma cosa cambia, invece, per le imprese?
Lo smart working, secondo le organizzazioni che hanno partecipato alle rilevazioni dell’Osservatorio del PoliMi, i principali benefici riscontrati dall’adozione dello Smart Working sono il miglioramento dell’equilibrio tra vita professionale e privata (46%) e la crescita della motivazione e del coinvolgimento dei dipendenti (35%).
Ma la gestione degli smart worker presenta secondo i manager anche alcune criticità: le difficoltà nel gestire le urgenze (per il 34% dei responsabili), nell’utilizzare le tecnologie (32%) e nel pianificare le attività (26%), anche se il 46% dei manager dichiara di non aver riscontrato alcuna criticità.
Inoltre, migliora la produttività, cala l’assenteismo e si riducono i costi degli spazi fisici.
Come cambiano le tecnologie
Il Covid-19 sta accelerando l’adozione di nuove modalità lavorative, segnando uno spartiacque indelebile tra il prima e il dopo; la sfida per le imprese è guardare avanti e adottare le migliori tecnologie per incentivare produttività e migliorare ulteriormente la qualità del lavoro. Non solo computer e smartphone, il nuovo mercato del lavoro impone una riflessione sull’adozione di strumenti nuovi: immersivi.
LinUp e SpinVector: la X-Reality al servizio delle pmi
È in questa direzione che guardano i servizi offerti da LinUp e SpinVector due, tra le realtà più innovative in Italia, del Gruppo Mare.
In un ciclo di webinar organizzati da Bi-REX in collaborazione con il CNS sono state presentate risorse e soluzioni per supportare la ripresa produttiva e la gestione da remoto.
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Il futuro è sempre più virtuale e la competitività delle imprese, dalle grandi a quelle di dimensioni piccole e medie, si gioca tutto sulla capacità di recepire le trasformazioni in tempi rapidi.
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Tecnologie immersive: il 2019 anno di svolta
Nel 2019 il comparto della Cross-reality ha fatto progressi importanti.
Il rapporto Seeing is believing di PwC prevede che la realtà virtuale e quella aumentata aggiungeranno 1,5 trilioni di dollari al PIL globale entro il 2030. Dati incoraggianti arrivano anche dalle rilevazioni del report di Immerse UK sul settore immersivo nel Regno Unito: gli specialisti attivi in UK sono circa 1.250 e si registrano numerose opportunità di crescita in un’ampia gamma di settori, sostenute da 33 milioni di sterline dal fondo Industrial Strategy Challenge Fund.
Smart working e X-Reality: quale dialogo?
L’applicazione di queste tecnologie al team in smart working favorisce la simulazione di vicinanza spaziale e sincronicità per lo svolgimento di attività che la richiedono. Gli eventi virtuali, la possibilità di simulare la vicinanza, restituiscono, meglio di una videoconferenza, la possibilità di interagire da luoghi distanti fisicamente tra loro. Interazione e coinvolgimento sono il valore aggiunto che le imprese possono offrire ai propri dipendenti attraverso l’adozione di strumenti tecnologici immersivi. Un aspetto da non sottovalutare in un contesto, come quello attuale, destinato a subire profonde trasformazioni anche nelle abitudini lavorative.
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